Inanellamento a scopo scientifico

Può capitare ad un cacciatore, raccogliendo un selvatico abbattuto durante l’esercizio venatorio, di notare un anello metallico apposto alla zampa dell’uccello. Nel caso si tratti di un fagiano, di una starna o di una pernice, ovvero di avifauna stanziale, si tratterà di quei contrassegni di cui devono necessariamente essere dotati gli esemplari delle specie citate immessi sul territorio dall’uomo (ATC, Provincie, associazioni venatorie, …), al fine di ripopolarlo prima dell’apertura della caccia: lo riconsegneremo alla nostra associazione e servirà per eventuali statistiche sul successo o meno dell’iniziativa intrapresa.

Nel caso si tratti però di un selvatico “vero” che generalmente non si riproduce in cattività e del quale comunque non esistono allevamenti a scopo di ripopolamento (tordi, beccaccini, anatidi, quaglie, …) l’anello non riporterà la sigla dell’ATC con l’anno di immissione sul territorio, bensì una diversa sigla alfa-numerica che a noi non dice nulla ma che corrisponde invece a dei dati ben precisi ovvero alla data, ora e luogo in cui quel selvatico e stato catturato e, dopo essere stato contrassegnato, subito rimesso in libertà: siamo di fronte ad un caso di inanellamento a scopo scientifico.

Questa metodica viene sempre più utilizzata in molte nazioni proprio per studiare quell’affascinante fenomeno che è la migrazione degli uccelli, per monitorare l’andamento delle singole specie (se in aumento oppure in calo), per mappare l’areale di nidificazione e di svernamento degli uccelli, … tutti dati oggi divenuti necessari al fine di una corretta programmazione dell’esercizio venatorio. Consegniamo dunque senza indugio l’anello metallico alla nostra sezione di cacciatori per la sua successiva trasmissione all’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Ente che ha il compito, tra l’altro, di effettuare e di coordinare l’attività di inanellamento a scopo scientifico sull’intero territorio italiano e di collaborare con gli organismi stranieri ed in particolare con quelli dei Paesi della Comunità economica europea aventi analoghi compiti e finalità.

L’attività di inanellatore in Italia può essere svolta solo da chi è in possesso di un apposito patentino rilasciato dall’ISPRA previo superamento di un esame, nonché dell’autorizzazione delle singole regioni e/o province ad operare sul proprio territorio. Non esistono compensi di alcun tipo per chi svolge questa affascinante pratica che si fonda quindi solo sulla passione dei singoli per la natura.

Regole: 12) Detenzione e custodia di armi e munizioni

Chiunque in Italia desideri possedere armi o munizioni, soggiace per legge a due precisi obblighi: denuncia di detenzione e custodia.

La denuncia di detenzione delle armi e munizioni è obbligatoria ai sensi del TULPS (Testo unico leggi pubblica sicurezza), per cui “Chiunque detiene armi, munizioni o materie esplodenti di qualsiasi genere e in qualsiasi quantità deve farne immediata denuncia all’ufficio locale di pubblica sicurezza o, se questo manchi al comando dei carabinieri.” La denuncia deve essere “immediata” (ossia effettuata entro max 48 ore), si presenta per iscritto presso le Questure, i Commissariati di pubblica sicurezza o i carabinieri.

A seguito della presentazione della normale denuncia è possibile detenere:

– fino ad un massimo di 3 armi comuni da sparo (pistole o rivoltelle)

– fino ad un massimo di 6 armi sportive

– un numero illimitato di fucili da caccia

– munizioni da pistola o da rivoltella, fino ad un massimo di 200;

– munizioni per fucile da caccia aventi caricamento diverso dai pallini.

Senza obbligo di denuncia è possibile detenere fino ad un massimo di 1.000 pezzi per le munizioni caricate a pallini; oltre tale limite occorre effettuarne denuncia ma la detenzione di tale munizionamento non può comunque superare i 1.500 pezzi.

È possibile detenere legittimamente un numero maggiore di armi solo previo rilascio della licenza da collezione, da richiedersi in Questura. L’omessa denuncia di detenzione delle armi o delle munizioni è reato. La legge non impone la detenzione di armi e munizioni nell’abitazione di residenza, pertanto esse possono legittimamente detenersi anche altrove, purché il luogo scelto possieda caratteristiche tali da garantire una custodia adeguata. Le armi legittimante detenute non possono essere portate fuori del luogo di detenzione se non accompagnate da apposita licenza di porto d’arma in corso di validità, e il trasferimento da un luogo all’altro deve essere preventivamente autorizzato dall’Autorità di Pubblica Sicurezza. È vietato a chiunque il trasporto, all’interno dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l’attività venatoria, ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque nei giorni non consentiti per l’esercizio venatorio, di armi da sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia.

  • La custodia delle armi deve essere assicurata con diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica, ma non è facile nella pratica stabilire in che cosa consista una diligente custodia dell’arma detenuta. Conseguentemente sono raccomandati armadi o stanze blindate a seconda della quantità di armi e munizioni detenute, anche se qualcuno continua purtroppo ad utilizzare gli armadi di casa, facilmente accessibili magari anche da bambini, ragazzi o comunque da persone non in possesso dei requisiti necessari per poter maneggiare un’arma.

In sintesi, il legislatore penale ha voluto imporre al detentore di armi un particolare onere di cautela, affermando, implicitamente, l’insufficienza di una normale ed ordinaria cura prestata nella custodia. Più in dettaglio, la diligenza che la legge esige deve essere valutata sulla scorta della pericolosità dell’arma, del luogo in cui la stessa viene custodita, nonché delle altre circostanze concrete.

 

a cura di Danilo Bordoni

 

Regole: 11) Distanze da rispettare

Nel novero delle regole sulla caccia, una delle principali è quella delle distanze che il cacciatore deve rispettare nell’esercizio dell’attività venatoria. La caccia è vietata:

– nelle zone comprese nel raggio di 100 metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro,

– a distanza inferiore a 50 metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali,

– a distanza inferiore a 100 metri da macchine operatrici agricole in funzione,

– a distanza inferiore a 1.000 metri da tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna ed individuati dal Piano faunistico Regionale,

– a distanza variabile da ATC ad ATC (mediamente 150 metri) da istituti faunistici pubblici e privati (oasi – riserve naturali – centri pubblici – parchi – aziende faunistiche, etc…), se si esercita la caccia da appostamento fisso o temporaneo.

Si deve però tenere presente che è sempre vietato sparare da distanza inferiore a 150 metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all’alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale.

 

a cura di Danilo Bordoni

 

Regole: 10) Custodia ed utilizzo dei cani

Gran parte dei cacciatori utilizza cani a scopo venatorio e ciò comporta il rispetto della vigente legislazione in materia di loro detenzione ed uso. Innanzitutto i cani devono essere iscritti all’anagrafe canina, tramite l’inserimento di un microchip sotto cute entro il terzo mese di vita, da parte di un medico veterinario il quale rilascia al proprietario la relativa certificazione scritta, da esibire agli uffici dei Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria territorialmente competente.

In passato detto obbligo era assolto tramite la realizzazione di un tatuaggio recante una sigla alfa-numerica, normalmente apposto sul lato interno o di un orecchio o di una coscia del cane.

Un enorme vantaggio è quello di poter sempre dimostrare la proprietà dell’animale in caso di sottrazione e/o di smarrimento. I servizi veterinari dovranno essere tempestivamente informati anche in caso di cessione a terzi del cane, di cambiamento del suo sito di detenzione, di scomparsa o di morte.

Se il cane è detenuto in un box, questo dovrà avere una superficie minima di 8 mq, dovrà essere provvisto di una cuccia e dotato di apertura verso l’esterno, mantenuto in buone condizioni igieniche e al cane dovrà essere messa a disposizione costantemente acqua pulita da bere e dovrà essere somministrato cibo adeguato quotidianamente.

Di norma la detenzione alla catena è fortemente sconsigliata ma, nel caso in cui non sussistano alternative, la stessa dovrà essere di lunghezza tale da consentire al cane di muoversi agevolmente, e munita di due moschettoni girevoli, uno dei quali agganciato ad una fune di scorrimento di almeno 5 metri di lunghezza e l’altro al collare dell’animale.

In caso di ipotizzate od accertate patologie, i cani debbono essere sottoposti a controllo veterinario e quindi curati secondo le prescrizioni mediche. La legge recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali” sanziona chi “per crudeltà o senza necessità“ uccide animali, gli provoca lesioni, li sottopone a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le loro caratteristiche etologiche.

La legge sanziona penalmente anche chi abbandona gli animali, destinandoli in tal modo quasi sempre a morte certa. Oltre che all’anagrafe canina, gran parte dei nostri amici a quattro zampe sono iscritti anche all’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) e quindi sono in possesso di quello che viene comunemente chiamato “pedigree” ovvero il certificato di iscrizione ai libri genealogici, una sorta di carta di identità dell’animale che riporta anche i dati del proprietario e dell’allevatore.

In quanto all’uso dei cani, il calendario venatorio dispone le date in cui è possibile l’addestramento e l’allenamento degli stessi, individuando altresì i luoghi in cui è possibile praticarlo. Sempre sullo stesso documento è contemplato anche il numero massimo di ausiliari che si possono utilizzare in riferimento alla loro razza (da ferma, da cerca, da seguita) durante l’esercizio della caccia.

a cura di Danilo Bordoni

 

Regole: 09) Vigilanza e sanzioni

L’organo di controllo che per eccellenza svolge attività di vigilanza sull’attività venatoria è quello della Polizia Provinciale (ancora denominati dai cacciatori Guardiacaccia, figura storica nel mondo venatorio) anche se le sue crescenti competenze nelle materie ittiche – ambientali – paesaggistiche – di viabilità – ecc …, progressivamente hanno ridotto il tempo e le energie dedicati a questa specifica vigilanza.

Oltre alla Polizia Provinciale, gli altri corpi pure deputati al controllo sul rispetto della vigente normativa in materia di caccia sono il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia Municipale, ovvero tutte quelle forze che, pur non avendo una preparazione specifica in materia venatoria, svolgono vigilanza sul territorio e alle quali la legge attribuisce la qualifica di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria: in virtù di tali poteri, per gli accertamenti delle infrazioni in materia di caccia sono tutti obbligati ad intervenire, perché non esiste nessuna “specializzazione” che limita l’intervento di un corpo di Polizia soltanto a specifiche violazioni.

Alle forze di Polizia si affiancano le Guardie Giurate Particolari Venatorie poiché la legge prevede anche che le associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste possano avere delle proprie guardie giurate volontarie che esercitano funzioni di controllo sulla caccia. La violazione delle norme che disciplinano l’esercizio della caccia può rientrare in due grandi categorie differenziate a seconda della gravità del gesto. Ci sono infatti violazioni meno pesanti sanzionate amministrativamente, ovvero attraverso il pagamento di una somma di denaro.

A questa categoria appartengono ad esempio le violazioni relative ai documenti di caccia, alla distanza da strade e case, all’addestramento dei cani in periodi di divieto. Ci sono poi violazioni più gravi sanzionate penalmente, ovvero dei reati. La pena in questo caso può essere una semplice ammenda, che “estingue il reato” o ammenda e detenzione congiunte nei casi più gravi, quali quelli previsti per chi abbatte, cattura o detiene orsi, stambecchi, camosci d’Abruzzo e per chi caccia in parchi, riserve naturali, ecc.

Alle sanzioni di cui sopra si associano poi sanzioni accessorie come la confisca di alcuni beni (la fauna abbattuta illecitamente, le trappole, i mezzi di caccia vietati, le armi il cui uso non è consentito) e la sospensione, la revoca o l’esclusione definitiva della concessione della licenza di caccia.

a cura di Danilo Bordoni

 

Regole: 08) Ambiti territoriali di caccia

In tema di regole della caccia, è necessario parlare anche degli ambiti territoriali di caccia. Questi istituti, introdotti per la prima volta nel 1992 dalla legge 157 all’art. 14, devono essere di dimensioni sub-provinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali.

Dovendo definire cosa sia un Ambito Territoriale di Caccia, potremmo dire che esso rappresenta la porzione di territorio agro-silvo-pastorale che residua dalla presenza sullo stesso degli istituti pubblici destinati alla protezione e alla produzione della fauna selvatica e degli altri privati destinati alla gestione faunistica e faunistico – venatoria e che non è soggetta ad altra destinazione. Nel comitato di gestione degli ATC devono essere nominati i rappresentanti delle associazioni rappresentative a livello nazionale, agricole e venatorie (60%), ambientaliste (20%) e degli enti locali (20%).

I compiti del Comitato di gestione dell’ATC sono fondamentalmente quelli di svolgere una ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica (censimenti) sul proprio territorio, al fine di programmare gli interventi di miglioramento degli habitat per la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale, in altri termini conoscere prima per programmare poi; esso ha autonomia tecnica, organizzativa e di gestione sotto la vigilanza della Provincia territorialmente competente.

L’iscrizione in almeno un ATC è obbligatoria per ciascun cacciatore, a meno che lo stesso non eserciti la caccia esclusivamente in AFV o in AATV, e quello di residenza gli deve essere obbligatoriamente concesso. A domanda, i comitati di gestione degli ATC possono autorizzare la caccia nel territorio di propria giurisdizione anche a cacciatori residenti fuori ambito, dettando le regole per l’accesso e le priorità, fino al raggiungimento della densità massima di cacciatori per territorio.

Nelle Marche sono stati istituiti 2 ATC per ciascuna Provincia che presentano caratteristiche geografiche omogenee tra loro, comprendendo un territorio che va, per ognuno, dalla zona montuosa (più occidentale ) a quella pianeggiante (più orientale) fino al mare Adriatico. L’iscrizione a ciascun ATC è onerosa ed i fondi versati devono essere utilizzati per lo svolgimento dei compiti d’istituto sopra elencati. L’importo annuale della quota è stabilito dal Comitato di gestione con provvedimento motivato.

cura di Danilo Bordoni